Contrasto Nero su BiancoContrasto Nero su GrigioContrasto Bianco su Nero | AAA
 

Dal millecinquecento ad oggi


Per 12 anni i Francesi furono padroni arroganti e violenti tanto che il loro rovescio e l’inizio della dominazione delle Tre Leghe Grigioni venne salutato con sollievo.
Quando la Valtellina passò ai Grigioni, nel 1512, anche Bianzone ne seguì naturalmente la sorte.


Bianzone Nel 1513 la peste infierì in molti paesi della valle.
Dal 1°agosto 1513 al marzo 1514 non piovve e non nevicò mai e dal gennaio del 1514 le temperature scesero tanto sotto lo zero che ghiacciò persino il Mallero. L’eccezionale ondata di gelo, che durò per ben 25 giorni, fece morire quasi tutte le viti. L’anno seguente, nell’aprile del 1515, nevicò per diversi giorni e vi fu ancora un gran freddo che danneggiò ulteriormente le viti rimaste.
Nel 1526 la peste tornò a colpire e ne seguì una dura carestia.
Nel 1527 una nuova ondata di freddo e gelo nel mese di marzo, arrecò nuovamente danno alle viti azzerando quasi totalmente la produzione del vino.
Dall’ottobre del 1539 fino al 15 aprile 1540 non piovve e non nevicò mai.

Per poter meglio calcolare quante esazioni poter trarre, le Tre Leghe stesero gli Estimi catastali del 1531 che offrono ancora oggi uno spaccato molto interessante della situazione economica della valle in quel periodo.

…“Nel "communis Blanzoni" vengono registrate case e dimore per un valore complessivo di 447 lire (per avere un'idea comparativa, Villa di Tirano fa registrare un valore di 940 lire, Tirano 2338, Sernio 351 e Lovero 606); 13 pertiche di orti sono stimate 47 lire; i prati ed i pascoli hanno un'estensione complessiva di 9523 pertiche e sono valutati 2337 lire; boschi e terre comuni sono valutati 16 lire; gli alpeggi, che caricano 140 mucche, vengono valutati 28 lire; campi e selve hanno un’estensione di 2040 pertiche e sono stimati 1659 lire; i vigneti si estendono per 1294 pertiche e sono stimati 2130 lire;un “hospitium communis” è stimato 10 lire; il valore complessivo dei beni è valutato 6714 lire (sempre a titolo comparativo, Villa di Tirano fa registrare un valore di 11706 lire, Tirano 17770, Sernio 3576 e Lovero5965). È interessante notare che quasi un terzo del reddito stimato per Bianzone è legato alla produzione vinicola, elemento che verrà confermato nei secoli successivi, conferendo a questo comune una connotazione di vocazione fortemente agricola. Ricordiamo che il commercio del vino oltralpe fu l’elemento di maggior forza dell’economia della Valtellina, fino al secolo XIX.”… (Massimo dei Cas)

Quasi un terzo del reddito stimato per Bianzone era legato alla produzione vinicola e il commercio del vino verso i paesi a nord delle Alpi fu l’elemento di maggior peso dell’economia valtellinese fino al secolo XIX. Alla fiera di San Michele che durava una decina di giorni nei pressi del santuario di Madonna di Tirano avvenivano i più importanti affari dell’anno e anche il vino si poteva vendere liberamente.
Ma la coltivazione della vite è da sempre molto sensibile alle irregolarità del clima e il cinquecento sotto questo profilo fu un secolo non molto clemente in cui sembrò che la natura si scatenasse contro la popolazione della valle.

La seconda metà del secolo fu poi caratterizzata da inverni molto rigidi e nevosi ed estati tiepide nel contesto di quella che venne chiamata Piccola Età Glaciale che interessò l’Europa fino agli inizi dell’ottocento.

In questo secolo Bianzone era costituito da 5 contrade: Piazza, Canova, Cambrem, Selva e infine Montagna che comprendeva Bratta e Piazzeda.

Cinquecentesco è anche il Palazzetto Besta definito da Renzo Sertoli Salis ”un monumento che non solo è il più importante, almeno tra quelli civili di Bianzone, ma anche uno fra i più notevoli del Cinquecento Valtellinese"
Bianzone       Bianzone

In un documento venuto fortuitamente alla luce pochi anni fa in un archivio privato si sono scoperte le prime notizie dirette sul passaggio di proprietà, avvenuto nel 1568 tra il “Magnifico cavaliere, signor Alberti di Bormio”, con il quale egli vendeva la sua tenuta in Bianzone, e “Gerolamo Besta che la acquistava per sé”. Si sono scoperte così le prime notizie dirette su uno dei monumenti simbolo del paese.
Giovanni Guler, governatore della Valtellina per le Tre Leghe Grigie, nel biennio 1587-88, nella sua opera Raetia scrive: “una mezz’ora dopo Villa, si trova il villaggio di Bianzone, il quale, insieme col villaggio di Bratta, che sorge sul monte, costituisce l’undicesimo e ultimo comune del Terziere Superiore che lì finisce”.
Nel 1589 il Vescovo di Como Feliciano Ninguarda, per la sua origine morbegnese ottenne il permesso dalle Tre Leghe Grigie di effettuare una visita pastorale nella valle.
Di questa visita diede un ampio resoconto.”..scendendo verso la pieve di Teglio , lasciando a sinistra il fiume Adda, vi è il borgo di Bianzone.. questo borgo, computati anche i diversi villaggi sulle montagne, conta circa 240 famiglie, tutte cattoliche... La chiesa parrocchiale è dedicata a San Siro: è assai ampia e di elegantissima architettura ed è fornita di molta argenteria ed apparati sacri. Sulla piana dello stesso borgo vi è la chiesa della beata Vergine Maria. A oltre mezzo miglio dalla stessa parrocchia, verso il borgo Villa, vi è una chiesa dedicata a S. Martino Vescovo. A due miglia dalla parrocchia, nel villaggio di Bratta, posto sulla montagna, vi è la chiesa di San Bernardo Abate...”

Nel 1618 in Europa ebbe inizio la guerra dei Trent’anni durante la quale la Valtellina e la Valchiavenna furono direttamente coinvolte in quanto nodi strategici tra Italia e mondo germanico.
Nel 1620 si scatenò la rabbia della nobiltà cattolica e iniziò la caccia al protestante, nota come Sacro Macello Valtellinese, che fece quasi 400 morti. Bianzone ne fu preservata in quanto non vi risiedeva nessun protestante.

Bianzone       Bianzone

Ci furono poi ancora molti anni di battaglie e scorrerie e anche Bianzone ne subì gli orrori. Il passaggio dei Lanzichenecchi portò inoltre con sé la più celebre delle epidemie di peste, descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi, quella del 1629/31 con recidiva nel 1635/39, che colpì duramente anche Bianzone.
“ All’inizio del decennio vi erano 1133 abitanti. Di questi solo 396 rimasero in vita al termine dell’epidemia. Ogni contrada risultò decimata: contrada Piazza da 230 a 56; contrada Selva da 201 a 23; contrada Cambremo da 164 a 41; contrada Canova da 139 a 43; Stavello Piazzeda da 93 a 33; Bratta e Montagna da 306 a 200.” (fonte: Dante Sosio) Poi nel 1700 la situazione migliorò anche se ci furono periodi difficili legati soprattutto ad alcuni inverni eccezionalmente rigidi come quello del 1709, passato alla storia come l’invernone.

Bianzone


Ed ancora nel 1738 si registrò una forte e abbondante nevicata il 2 maggio, come pure successe a fine aprile del 1741 con conseguenze disastrose per le viti. Nonostante le avversità climatiche riducessero al minimo la produzione vinicola, i contadini erano comunque obbligati a pagare le tasse con il vino prodotto e anche per questo il malcontento contro il dominio delle Tre Leghe Grigione crebbe sempre di più.

Dopo che per ben tre secoli i Grigioni avevano mantenuto il dominio sui territori della Valtellina, nel 1797 dopo l’arrivo di Napoleone, i valtellinesi aderirono alla Repubblica Transpadana, prima, e alla Repubblica Cisalpina poi, proclamando l'indipendenza dalle Leghe, cioè dai i Grigioni.

Il 28 ottobre dello stesso anno si decideva l'esproprio senza indennizzo di tutti i beni immobili che i cittadini della Rezia possedevano nei territori di Chiavenna, Valtellina e Bormio, fu la cosiddetta “confisca retica” o reta, un atto clamoroso contro la proprietà privata inteso come provvedimento riparatore nei confronti della Valtellina. I Grigioni, che possedevano il 20-30 % dei terreni a livello, si videro espropriare di tutti i beni. Anche Bianzone naturalmente si trovò coinvolto in questo provvedimento, come risulta dall'atto notarile Bemardo Fornonzini 1 Novembre 1797:

Bianzone       Bianzone

Le proprietà dei Grigioni furono vendute all'asta a prezzi bassi ed andarono a finire in mano alla borghesia che così si impossessava dei migliori fondi a quel tempo a disposizione in Valtellina.
Più tardi, tra il 1830 e il 1840, si cercò, in parte, di risarcire i Grigioni del patrimonio perduto, ma fu ben poca cosa.
Molte famiglie grigionesi, per il clima ameno e la posizione soleggiata che permetteva una ricca produzione di vino, avevano scelto Bianzone come loro luogo di residenza, vendendo a volte tutte le loro proprietà per investire il ricavato nell'acquisto di case e terreni nel territorio di Bianzone.

Era prassi comune acquistare terreni a livello ossia beni che venivano poi ceduti in affitto ad una famiglia col diritto di trasferirli ai figli, con corresponsione di un annuo canone (piccolo o grande secondo il reddito del bene) in natura. Dal libro degli Estimi riguardante il territorio di Bianzone risultano i nomi delle famiglie grigionesi proprietarie e la superficie dei loro possedimenti, oltre alla descrizione particolareggiata di alcune case di abitazione messe all'asta dopo il 1797.

La vendita più importante effettuata, come tutte le altre, nella Stua inferiore delle case prepositurali alla presenza del notaio Bernardo Fornonzini (lo stesso proprietario dell'edificio che oggi è sede dell'asilo), riguardò la proprietà dell'ex inviato Ten. Coll. Conte Pietro Corradino Planta di Zuoz per oltre 500 pertiche di terreno.
Fu espropriata e venduta la casa civile di abitazione (il palazzetto Besta) unitamente alla casa rustica a sera con "torchio e masone e con la corte tutta pure unita in un sol corpo di fabrica", il giardino ossia orto a mezzodì di detta casa civile.

Ritirarono all’asta giudiziaria il palazzetto con i terreni adiacenti Carlo Righi di Bianzone e il nobile Pietro Nicolina Dea di Bormio (questi nel 1802 cedette la sua parte al Righi) per 16.600 lire.

il palazzetto Besta e la sua tenuta
il palazzetto Besta e la sua tenuta

Crist de Santz, Conte e Colonnello Nicola possedeva in Bianzone 376 pertiche di terreno e una casa in Vignaccia (la casa attualmente Valbuzzi) che viene così descritta: "a piano terra granaio, stanza, portico, tinera e stalla. Al primo piano andatora, camera, cucina, stanza ed un’altra piccola e sala". Al secondo piano due spazzacà, masoni e due stanze

Casa Valbuzzi
Casa Valbuzzi

Casa esistente in Bianzone nella contrada di Piazza, ossia abitazione di Paolo e fratelli Zoia (Grigioni) consistente in “due involti, canova, stanza terrena, corte, portico,tinèra e granaio. Al primo piano stua, due gabinetti, anticamera, andatora, sala, cucina, dispensa ed altra stua. Al secondo piano stanza grande divisa da tavolato d’asse, quattro stanze e spazzacà. Tutto in un sol corpo, nudo e senza mobili”. La proprietà viene rilevata dalla famiglia Lambertenghi di Villa e si può identificare con esattezza nell'attuale casa Lambertenghi in via ai Monti (prospiciente I'asilo).


Casa Lambertenghi

La situazione economica non migliorò in quanto le guerre napoleoniche furono pagate con ingenti pressioni fiscali che impoverirono i bilanci dei comuni. Inoltre, mentre sotto il dominio Sforzesco si puniva con il taglio della mano chiunque fosse sorpreso a danneggiare i boschi, un decreto del 1801 dei Francesi permise il disboscamento selvaggio con il conseguente susseguirsi di frane e slavine.

Dopo la caduta di Napoleone a cui seguì il Congresso di Vienna del 1815, il territorio passò sotto il dominio degli Austriaci che governavano il Lombardo Veneto. Il dominio asburgico fu caratterizzato da una buona amministrazione e una particolare attenzione alla situazione economica. Venne tracciata la strada principale che percorreva la bassa e media Valle fino a Sondrio e poi prolungata fino a Bormio e poi, nel 1855, la strada che da Tresenda saliva all’Aprica.
Sotto l'Austria si iniziò a coltivare la vite anche verso la parte bassa della valle, ma la qualità del vino era inferiore.

Purtroppo anche in questo secolo ci furono eventi climatici deleteri per l’economia della valle. L’inverno del 1816 fu molto rigido e compromise il raccolto dell’anno dopo. Il 1817 viene ricordato come l’anno della fame.

Bianzone

Nel 1836 scoppiò una terribile epidemia di colera che colpì per ben quattro volte (1836, 1849, 1854 e 1855) causando molti lutti.

Si aggiunse anche l’epidemia della crittogama e della peronospora (funghi e parassiti che aggredivano le viti facendole ammalare) che verso la metà del 1800 mise in ginocchio la vitivinocoltura valtellinese e quindi anche Bianzone che all’epoca contava 1443 abitanti.

Proprio per queste avversità iniziò un movimento migratorio, sia stagionale, verso la Francia e la Svizzera, sia quello spesso definitivo verso le Americhe e l’Australia.

Luigi Torelli, diventato governatore della Valtellina, introdusse l'uso dello zolfo per combattere queste malattie della vite. Si iniziò anche a utilizzare la bordolese e le viti si rinforzarono.

Bianzone Verso la fine del 1800 la fillossera, un insetto che mangiava le radici, distrusse di nuovo molte viti.
Con la tecnica dell'innesto la vite venne fatta attecchire su una piantina più resistente e la situazione pian piano migliorò.
Nel 1861, alla proclamazione del Regno d’Italia, Bianzone diventò uno dei comuni del nuovo stato italiano.
Nel 1893 nella parrocchia di Bianzone risultavano residenti 1600 abitanti con 200 persone emigranti nella Svizzera.

Un pesante contributo umano venne pagato dal paese durante la prima guerra mondiale. Sulla facciata del Municipio, in piazza Vanoni, una targa, sulla quale sta scritto “Ai suoi caduti e dispersi nella Guerra Libica e nelle guerre 1915/18 e 1940/45, la popolazione, in segno di perpetuo ricordo”, ne riporta i nomi.
(Alcuni anni fa è stato inaugurato col contributo economico del Gruppo Alpini del paese il nuovo monumento ai Caduti in prossimità del Palazzo Scolastico)

Anche dopo la seconda guerra mondiale Bianzone mantenne la sua vocazione agricola. Nel censimento del 1965 venne registrata la presenza di 304 aziende a conduzione diretta che operavano su una superficie di 1425 ettari e mezzo (una delle più alte della provincia) e di 6 aziende con dipendenti per una superficie di 21,81 ettari.
Una di queste, l’azienda agricola La Gatta, rappresenta tuttora un grandioso monumento al lavoro dell’uomo, alla generosa ricchezza del suolo e alla mitezza del clima.

La Gatta
La Gatta

Purtroppo molti piccoli appezzamenti sono stati abbandonati ai rovi. Altri però, continuano a essere coltivati, grazie alla tenacia e alla passione atavica di alcuni viticoltori che, non volendo rinunciare a gustare il buon vino di sempre, si ostinano a mantenere vivo l’amore per la coltivazione della vite nel rispetto di quella tradizione di duro lavoro che nei secoli è stata determinante per l’economia del paese.

Da alcuni anni il comune di Bianzone sta portando avanti un progetto di ripristino della coltura della vite in un’ampia zona a monte del nucleo principale del paese.

lavori in corso per il ripristino dei terrazzamenti
lavori in corso per il ripristino dei terrazzamenti

Sui terrazzamenti, rigorosamente sorretti dai muretti a secco, la vite viene ora coltivata con metodi nuovi e i nostri vini DOCG (Denominazione di Origine Controllata Garantita) stanno diventando sempre più pregiati.

Bianzone

Negli ultimi anni è stata avanzata la candidatura della zona dei vigneti terrazzati del versante retico della Valtellina per il Patrimonio Mondiale dell’UNESCO affinchè venga riconosciuto il valore eccezionale e universale del paesaggio viticolo e poter così salvaguardare il territorio terrazzato che risulta essere il più vasto d’Europa e tutelare nella loro integrità sia le atmosfere che le suggestioni che, attraverso il tempo, hanno accompagnato le fatiche, la tenacia e la passione di generazioni e generazioni di Valtellinesi.
(Vanda Cerveri)

Fonti:
” Bianzone, scrigni d’arte e di cultura” a cura di Emanuela Cerveri
“Paesi di Valtellina e Valchiavenna” di Massimo Dei Cas